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Extrait d'un livre en italien sur la Dynastie de cette Maison Royale


La famiglia di Gesù potrebbe essere in mezzo a noi, in una città della Francia o in un paese dell’Italia. Ma l’infinitesima parte di una goccia del sangue divino probabilmente scorre in migliaia di persone grazie ad un lontano imparentamento con un’ antenata in comune centinaia di anni fa. Forse i Borbone ne hanno una percentuale in più; forse questo primato spetta agli Asburgo.Tutti abbiamo migliaia e migliaia di antenati in comune.


Margherita, infatti, discendeva direttamente dal re d’Aragona Alfonso I (n.1196) il quale aveva ereditato anche la contea di Provenza. Alla casa di Aragona-Barcellona, infatti, la Provenza era pervenuta in dote grazie al matrimonio di Raimondo Berengario (m.1131) con la contessa Dolce, figlia ed erede di Gerberga, contessa di Provenza, e di Gerberto di Gévaudan, conte di Gévaudan, di Arles e di Milhaud .


Tutti questi nomi evocano altre combinazioni matrimoniali ed altre ascendenze che per la loro importanza potrebbero apparire poco meno che favolose; ma non è così. Dolce discendeva da Bosone d’Autun, cognato di Carlo il Calvo che lo nominò “duca d’Italia” (si faccia attenzione, non siamo ancora alla perfetta titolazione di una persona e di una famiglia ma ad un titolo-.incarico amministrativo) prima di essere riconosciuto come “carissime princeps” e re di Borgogna “misericordia Dei”. La contessa sovrana aveva dunque il sangue di Carlo Magno e degli antichi re franchi.


Il conte di Gévaudan, suo marito, non le era da meno, se pensiamo che la sua famiglia altro non era se non un ramo di quei conti d’Autun ricordati ben prima dell’epoca carolingia. Etienne de Gévaudan (n.920 - m.prima del 975) aveva avuto come erede la figlia Ermengarda, andata sposa a Rotbald di Provenza, da cui erano discesi i conti di Tolosa, di Barcellona e la famiglia di Lusignano. Nella casa di questi potenti signori, i ricorrenti nomi di Thierry (poi classicheggiato in Teodorico) e Frédeleon evocano onomastici usati nel periodo merovingio. Non si deve credere che Thierry-Teodorico sia stato un nome imposto per rievocare antenati o uomini illustri di origine greca, e che quindi possa costituire la traccia di imparentamenti tra i Merovingi e famiglie derivate da altre stirpi regali orientali o ebraiche. Contrariamente all’evidenza, infatti, Teodorico non è qui l’appellativo tratto dalle parole greche “doron” (=dono) e “teo” (=Dio), e che quindi significa “dono di Dio”. In questo caso, siamo in presenza di un onomastico di origine germanica, derivato dai vocaboli “theuda” (=popolo) e “rikja” (=regale), dal chiarissimo significato di “signore del popolo”.

Si tratta solo di un’assonanza fonetica come nel caso dell’onomastico Carmine che (specialmente nella forma femminile Carmen) sembra ricordare la parola latina “carmen” (=poesia) ma che invece deriva dal sostantivo ebraico che significa “giardino” (nella dizione esatta “Carmelo”= “giardino di Dio”).


Molto probabilmente, anzi, non solo si trattò in questo caso di imporre un nome d’uso ma di perpetuare nella discendenza l’onomastico dei regali parenti merovingi, dal momento che anche gli antichi conti di Autun appartenevano all’aristocrazia legata alla corte da vincoli di sangue e che forniva allo Stato la sua più importante nomenklatura ecclesiastica e amministrativa.


I nomi ebraici che invece vengono proposti da qualche ricerca come quelli di sovrani regnanti nel territorio dell’antica contea di Gévaudan, rimangono solo nomi di esiliarchi, ossia di capi riconosciuti (anche dal Governo statale) della popolazione giudaica, con amplissimi privilegi e con una sorta di delega dei poteri, assolutamente normale in un’epoca che non aveva ancora istituito i ghetti né conosceva un antisemitismo soffocante e diffuso. Non sono quindi d’accordo sulla possibilità secondo cui Thierry I altri non sia stato se non Makhir Natronai, appartenente alla casa degli esiliarchi stabiliti nel regno dei Franchi. Né, per restare nell’ambito delle interpretazioni fonetiche, mi sembra influente poter accostare il significato degli stessi vocaboli Gavalda e Gévaudan con quelli di parole ebraiche o arabe. Che voleva indicare il nome dell’antichissima tribù dei Gabali d’Aquitania, già ricordati da Cesare e Siconio Apollinare? Secondo Johan Jacob Hofmann che a tratti non esita ad emendarsi di spiegazioni da lui stesso ritenute azzardate, la parola potrebbe derivare dal sostantivo che nell’antico germanico significherebbe “croce” o “patibolo”; oppure rassomigliare al nome dell’imperatore Eliogabalo e quindi ricondursi all’area del Mediterraneo orientale, contenendo il vocabolo “gebel”(=monte), poi transitato nell’arabo e penetrato in tanti toponimi europei, da Gibilterra a Gibellina.


In realtà, anche in questo caso, c’è da ricordare come esistano vocaboli discesi da antichissime lingue pre-indoeuropee, ampiamente diffusi lungo l’intero bacino mediterraneo, anche in aree molto distanti fra loro. Oltre alle già esaminate affinità puramente fonetiche di parole simili solo all’apparenza e che, quindi, non possono costituire prova della continuità etnica tra una regione e un’altra. Potremmo invece avvicinare l’etimologia di Gévaudan a Gavalda alle parole “gavela” (provenzale), “gavella” (catalano), “gavilla” (spagnolo), derivanti dal latino “gabella”(=covone), un sostantivo che ritroviamo poi nel verbo “glaner”, già attestato nel latino del VI secolo “glenare”.


La classe dirigente che conosce bene le proprie origini romane o franche, dimostra come attraverso gli anni si siano create una serie di stratificazioni su cui viene edificata una società in grado di assorbire le differenze etniche, le lingue, le tradizioni e le religioni. Le diversità si amalgamano nei nuovi enti statali, e i gruppi conservano ampie tracce delle proprie radici. La contea di Gévaudan era abitata da numerose etnie. Quella ebraica godeva di notevole prestigio per l’entità, l’ascendenza davidica dei suoi capi, la capacità di penetrazione culturale. Questi elementi hanno consentito di far credere che un ramo della famiglia che ereditariamente dirigeva la comunità giudaica abbia potuto governare la contea. E’ stato suggerito anche che alcuni suoi esponenti si siano convertiti al Cristianesimo e che questa ulteriore diramazione della casa di origine davidica si sia imparentata con la famiglia regnante. Ma a mio parere si confondono il governo (anche giuridico) di una grande comunità e quello dello Stato.


La casa di Gévaudan va quindi indiscutibilmente collocata nell’ambito delle discendenze merovinge e carolinge, alla stregua di molte altere grandi famiglie degli antichi Stati franchi. E costituisce un dato importante il fatto che, contrariamente a tante case che hanno avuto domini diretti o vassallatici nei regni che furono dei Merovingi, questa non continua grazie ad imparentamenti per via femminile ma vive ancor oggi nella persona di un suo discendente che ne ha conservato il nome.


Caratteristica prevalente della nobiltà longobarda, franca e normanna fu proprio la identificazione delle casate e dei loro nomi con il luogo su cui esse esercitavano la propria signoria. Dagli antichi Borbone (i cui stati passarono per via matrimoniale ad un ramo capetingio tuttora regnante) ai Savoia, ai Marsi e ai Sanseverino, agli Hastings e ai Mostyn, le più grandi famiglie hanno sempre trasmesso nel cognome il ricordo della originaria terra posseduta. Così i Gévaudan.


Dal momento che Gerberto di Gévaudan, titolare della contea, lasciava il suo dominio alla figlia Dolce (m.dopo il 1190) e a suo genero Raimondo Berengario di Barcellona, è chiaro che il ramo della casa oggi esistente è stato originato da un ultrogenito della famiglia comitale regnante. E anche questa modalità di successione non deve meravigliare.


Anche nel caso di Gévaudan, dunque, mentre l’eredità diretta di alcuni importanti domini passa alla figlia del conte regnante, un ramo maschile ultrogenito diventa detentore della dignità familiare, trasmessa oltre i secoli ed oltre il mare, dal momento che la diramazione trasferitasi in Spagna agli inizi del XIX secolo si è poi portata in Argentina nel 1888 con Enrico di Gavalda, da cui è disceso l’attuale principe Ruben Alberto.”


(extrait du livre

"I PARENTI DEL SANGUE DI GESÙ"

du professeur Carmelo Curro Troiano)

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